www.cantarelopera.com Un mondo di servizi dedicati a te!
|
|
Forum: Insegnante e allievo |
FRANCESCA: solo piccole crisi passeggere e una richiesta di chiarimento al M° Juvarra. |
Giulia
|
|
discussione iniziata il: 23/10/2011 09:51 |
|
Definirei il rapporto con il mio maestro di canto “di amore-odio”. Magari declinato in sfumature meno estreme, ma in sostanza è così: ci sono periodi in cui si va più d’accordo e si lavora in modo più proficuo e viceversa.
A volte penso che eviti di farmi notare alcuni errori per non risultare troppo “pedante”. Questo però crea solo ulteriore tensione che peggiora ancora di più l’esecuzione e fa sì che “mi blocchi” più spesso. Certe volte non mi sento tanto apprezzata. Penso che questo fatto possa essere molto disarmante, soprattutto all’inizio, quando ancora si è molto insicuri circa la propria tecnica e la propria “bravura”. Mi è capitato spesso che l’insegnante elogiasse altri allievi, magari con un talento naturale o con un bel “timbro”. Ovviamente in questi casi è facile lasciarsi prendere dai dubbi sulla “bellezza” della propria voce e demoralizzarsi. Ho pensato di cambiare, ma alla fine non l’ho mai fatto perché il rapporto si è sempre risollevato dalle piccole crisi passeggere, determinate di volta in volta da difficoltà che sembravano insormontabili, ma che poi si sono sempre risolte (per ora!) nel giro di qualche mese.
Inoltre la mia insegnante organizza dei masterclass con un collega esterno per cui periodicamente si ha la possibilità di provare qualcosa di diverso.
Questi corsi brevi sono stati per me sempre molto più proficui rispetto alle lezioni normali, innanzitutto perché si tratta di una full-immersion e quindi ci si trova molto più coinvolti, in secondo luogo perché si lavora in un gruppo e si ha la possibilità di assistere anche alle lezioni degli altri partecipanti.
Consiglierei ai maestri di canto di cercare di mettere a proprio agio l’allievo e di incoraggiarlo (questa per me è una componente fondamentale), perché lo stato d’animo di chi canta influenza molto la resa vocale e anche interpretativa; e di tentare di essere chiari ed obiettivi quando si parla di fisiologia e quando si spiega la tecnica vocale, perché i concetti di base sono tutt’altro che scontati. Spesso mi è capitato di pensare di aver colto le indicazioni datemi, mentre in realtà mi si chiedeva di fare tutt’altro.
Infine bisognerebbe creare delle occasioni di confronto e scambio tra allievi diversi e da ultimo tenersi sempre aggiornati!
L’intervista al maestro Juvarra è illuminante: molto interessanti soprattutto le due argomentazioni sull’origine della “sofferenza che accompagna lo studio del canto”e che nasce “perché di solito l’insegnante non è consapevole della dimensione della naturalezza ..”. A tal proposito chiederei però di commentare le ultime righe che qui riporto e che mi risultano un po’ oscure.. forse per via della mia ancor breve esperienza nello studio del canto: “Il primo spazio di risonanza che trova è lo spazio verticale modellato sulle vocali scure come la “o” . E' compito dell’insegnante fermarlo e indirizzarlo verso un'altra emissione senza dare troppo credito ad un suono che, benché squilibrato nella coordinazione delle cavità di risonanza, può essere tutto sommato accettabile nella zona centrale in relazione alla rotondità, al volume ecc.”
|
Giulia
|
|
risposta inviata il: 23/10/2011 09:52 |
|
Il Maestro Antonio Juvarra risponde a Francesca
Abbiamo girato la richiesta di chiarimento direttamente al Maestro Antonio Juvarra. Ecco la sua risposta.
"Cerco di spiegarmi meglio. Nel settore centrale e grave della voce tende a emergere la componente del suono chiamata corposità (che niente ha a che fare con la potenza e la capacità di 'correre' della voce). Se questa componente non è correttamente bilanciata con le altre due componenti (brillantezza e morbidezza), essa determina un abbassamento del senso (mentale) della giusta 'posizione', giusta posizione che è data dalla 'proporzione aurea' tra queste tre componenti e che è quella che consente alla voce di 'galleggiare' e 'fluire' con facilità.
La pesantezza che ne consegue verrà in evidenza soparttutto nel settore acuto, mentre nel settore centrale il suono presenterà caratteristiche di voluminosità scura, che possono dare l'illusione del suono 'importante' e già maturo.
Al giorno d'oggi le tendenze didattiche più diffuse privilegiano uno spazio di risonanza prevalentemente o esclusivamente 'verticale' (cioè modellato sullo 'sbadiglio' e/o sull'uso squilibrato di vocali 'verticali' come la 'o' e la 'u'), che aumenta questo senso di 'rotondità' e consistenza del suono, a scapito dellla corretta sintonizzazione .La conseguenza è che salire alle note acute diventa possibile solo spingendo la voce (manovra scambiata per 'appoggio') e aprendo al massimo e/o rigidamente la gola, magari con una manovra localizzata, invece che 'olistica'.
Anticamente si rischiava probabilmente di cadere nell'eccesso opposto ('sorriso' più o meno meccanico), escludendo, ancora una volta, una cavità di risonanza (questa volta la gola), col risultato di schiacciare e schiarire eccessivamente iil suono.
Ovvio che l'deale belcantistico del 'chiaroscuro' può essere ottenuto solo trovando l'accordo armonico tra gola e bocca, ciò che a sua volta è reso possibile dal giusto respiro (non lo sbadiglio, ma il sospiro di sollievo e la 'boccata' d'aria 'rigeneratrice') e dal giusto 'dire sul fiato'" Antonio Juvarra
|
|
|
|
|