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News    |    anno 2013

Rileggere Wagner

lunedì 11
feb 2013
Dana Ciocarlie

Palazzetto Bru Zane
martedì 12 febbraio 2013, ore 20

Dana Ciocarlie, pianoforte

Programma :

Alfred Jaëll
Deux Improvisations d’après Rienzi
Paraphrase sur Lohengrin et Tannhaüser

Franz Liszt
Le Vaisseau fantôme
Transcription du Chœur des tisserands

Richard Wagner
Sonata per pianoforte in la bemolle maggiore
Alfred Jaëll
Transcription, illustrations et paraphrase de Tristan et Isolde
Franz Liszt 
Transcription de La Mort d'Isolde

In partenariato con/En partenariat avec
Ambasciata di Francia in Svezia – Piano aux Jacobins – Istituto francese di Firenze / Ambasciata di Francia in Italia – Festival Lisztomanias

Il wagnerismo in Francia
Movimento culturale senza precedenti in Europa e tra i più rilevanti dell’Ottocento, il “wagnerismo” ha trovato in Francia la sua terra elettiva: dalla metà dell’Ottocento fino almeno al 1914, è ragguardevole l’influsso artistico, sociale e politico di Richard Wagner. I primi propagatori del suo pensiero e della sua opera appartengono agli ambienti letterari d’avanguardia. Nonostante lo “scandalo” di Tannhäuser a Parigi nel 1861 e a dispetto delle tensioni politiche legate alla guerra franco-prussiana del 1870, le società concertistiche inseriscono progressivamente Wagner nei loro programmi. A partire dal 1876 i melomani e i musicisti vanno in pellegrinaggio a Bayreuth, centro nevralgico dell’Europa wagneriana. Gli scrittori s’ispirano all’opera del Maestro (Baudelaire, Mallarmé, Claudel, Louÿs, Proust) e i pittori cercano i suoi equivalenti pittorici (Fantin-Latour, Redon, Maurice Denis). Di certo i compositori sono profondamente segnati dall’opera di Wagner (Franck, Duparc, Chausson, Ropartz...), e un rifiuto violento si rivela talvolta l’unica soluzione per emanciparsene (Debussy, Saint-Saëns). Non è esagerato affermare che il wagnerismo fu uno dei fenomeni più strutturanti della Francia musicale del Secondo Impero e della Terza Repubblica.

Dana Ciocarlie, pianoforte
Formatasi alle fonti della scuola pianistica romena, Dana Ciocarlie ha studiato anche a Parigi con Victoria Melki, Dominique Merlet e Georges Pludermacher. Determinante è l’incontro con il pianista tedesco Christian Zacharias. Il suo talento è stato ricompensato da numerosi premi internazionali: un secondo gran premio al Concorso internazionale di Zwickau, Il premio speciale Sandor Vegh al Concorso Geza Anda di Zurigo, il premio internazionale Pro Musicis, le Young Concert Artist European Auditions a Lipsia, Il Concorso Ferruccio Busoni in Italia. Tra i suoi partner prediletti nella musica da camera menzioneremo i violinisti Gilles Apap, Jean-Marc Philips, Nicolas Dautricourt, Laurent Korcia, Marina Chiche, i violisti Arnaud Thorette e Pierre Franck, i violoncellisti Sébastien van Kuijk e Raphaël Chrétien, il cornista David Guerrier, il Quatuor Psophos. Le sue attività in giro per il mondo per recital o concerti con orchestra l’hanno portata negli Stati Uniti, in Canada, Cina, Indonesia ed Europa. Ha suonato sotto la direzione di direttori quali Lawrence Foster, Yoav Talmi, Edmon Colomer, Horia Andreescu. Il suo repertorio si estende da Bach ai compositori d’oggi, alcuni dei quali le hanno dedicato proprie composizioni. La stampa la paragona per la sua musicalità a Wilhelm Kempff e a Clara Haskil. Conduce su France Musique il ciclo dedicato alle opere di Schumann ne L'atelier du musicien di Jean-Pierre Derrien, che la invita regolarmente dal 2001.

Alfred Jaëll: Deux Improvisations sur Rienzi, opera di Richard Wagner
Il primo successo di Richard Wagner, nel 1842, è l’opera Rienzi, der Letzte der Tribunen (Rienzi, l’ultimo dei tribuni). Nonostante le sue belle pagine e l’impressionante energia, l’opera appare oggi alquanto scialba in confronto allo straordinario Tristan und Isolde o a Parsifal, e soprattutto molto enfatica. Ma Wagner è ancora giovane e cerca di giocare al rialzo rispetto alla fastosa estetica del grand opéra francese, che in seguito respingerà. Nondimeno Rienzi verrà spesso programmato in Europa, a scapito del compositore stesso. È in questo contesto che Alfred Jaëll pubblica le sue Deux Improvisations sur Rienzi. “Parafrasi”, “Trascrizione”, “Illustrazione” o “Improvvisazione”... la terminologia di Jaëll nei suoi diversi pezzi per pianoforte su temi di Wagner non manca di varietà. In questo caso il termine di “improvvisazione” appare alquanto esagerato, nella misura in cui i passi wagneriani scelti vengono appena modificati, introdotti soltanto da preludi firmati dal pianista. Nella prima “Improvisation” viene ripreso il terzetto Rienzi / Irene / Adriano. Dopo una meditativa introduzione, il tema viene esposto in ottave alla mano destra, mentre la mano sinistra lo accompagna con accordi. Di primo acchito questo pezzo sarebbe certamente attribuito a Franz Liszt... Nella seconda “Improvisation” Jaëll riprende l’aria di Adriano “Gerechter Gott”: dopo una briosa introduzione quel che si sente è praticamente belcanto. Viene poi ripreso il tema dell’espressiva aria, avvolto di numerose figurazioni alla mano destra.

Alfred Jaëll: Aus Richard Wagner’s ‟Lohengrinˮ und ‟Tannhäuserˮ Parafrasi op. 35
Questo pezzo non è una fedele trascrizione ma una “parafrasi”, in altri termini un “commento” di una musica preesistente. Ciò merita di essere precisato, poiché Alfred Jaëll ha peraltro trascritto il “Coro dei pellegrini” e la “Romanza alla stella” di Tannhäuser, nonché la “Preghiera” di Lohengrin (queste due opere del 1845 e 1850 sono state le più rappresentate di Wagner sino alla fine dell’Ottocento). La presente opera 35 di Jaëll ha la particolarità di costituire un unico pezzo, anche se le sue sezioni sono chiaramente distinguibili. In ognuna viene enunciato un tema, all’origine poi di uno sviluppo che sfrutta tutte le risorse dello strumento secondo una tecnica lisztiana (arpeggi, tremoli, accordi ribattuti). Come parafrasi il pezzo rimane tuttavia di moderato virtuosismo: si nota in particolare che l’enunciazione dei temi è sempre sobria e fedele all’originale. La partitura è inoltre di dimensioni piuttosto ridotte, senza paragone con certe sfrenate parafrasi di Liszt: Jaëll rimane alla portata del pianista dilettante del suo tempo, anche se neppure la sua partitura ha alcunché di facile. Viene dapprima enunciato il “Coro dei pellegrini”, sviluppato poi mediante arpeggi e tremoli sugli accordi. Una transizione introduce il celebre “Coro nuziale” della medesima opera, avvolto poi di dolci arpeggi della mano destra. Una nuova transizione, ed ecco infine l’ampio corale dell’ouverture di Tannhäuser. Appaiono tremoli della mano sinistra e, dopo un passaggio più virtuosistico, ritorna il tema possentemente formulato, circondato da figurazioni di accordi sulle quali il brano si conclude.

Alfred Jaëll: “Transcription”, primo dei Drei Stücke aus Richard Wagner’s Tristan und Isolde
Le opere 112, 113 e 114 di Alfred Jaëll costituiscono le Trois Pièces sur le Tristan und Isolde de Richard Wagner. Un sottotitolo chiarisce la loro rispettiva natura: “Transcription”, “llustrations” e “Paraphrase”. L’opera 112 è dunque piuttosto fedele al passo originale scelto, l’opera 113 giustappone due episodi dell’opera (il preludio dell’atto II e la “Morte d’Isolde”), mentre l’opera 114 utilizza liberamente alcuni temi (tratti soprattutto dall’atto I). Si noti che questo trittico fu pubblicato da Jaëll nel 1861, molto prima della rappresentazione di Tristano e Isotta (1865), che Wagner aveva terminato di comporre nel 1859. L’opera 112 è più esattamente la trascrizione del celebre duetto d’amore che si trova al centro del II atto dell’opera, certamente uno dei più straordinari momenti della storia dell’opera, il quale si espande sontuosamente per oltre una lunga mezz’ora, totalmente statica. Tristan e Isolde sprofondano nella notte e nell’estasi del loro illecito amore, lontani dalle convenzioni sociali e dalla falsità del giorno. Questa pagina è un’amplificazione di “Traüme”, l’ultimo dei Wesendonck Lieder di Wagner. Jaëll ne propone solo la prima parte, leggermente rielaborata, per creare una drammaturgia adatta a un pezzo pianistico di durata ovviamente inferiore all’originale. L’ultima sezione della partitura, aperta da tre ampi arpeggi ascendenti, corrisponde così all’“appello” di Brangäne, dama di compagnia d’Isolde, giunta ad avvertire gli amanti dell’imminente sorgere del sole e della minacciosa presenza di sudditi del Re Marke, pronti a tradire la loro inconfessabile unione.

Alfred Jaëll (1832-1882)
L’austriaco Alfred Jaëll riceve le prime lezioni di pianoforte e di violino dal padre Eduard. Dopo aver seguito l’insegnamento di Carl Czerny, diventa allievo di Ignaz Moscheles a Vienna. Già all’età di undici anni si esibisce in concerto a Venezia. Il giovane si trasferisce a Bruxelles, quindi a Parigi, dove secondo talune fonti sarebbe stato allievo di Chopin. Nel 1851 Alfred Jaëll debutta a New-York. Il suo successo è tale che vi risiede per tre anni. Di ritorno in Europa, diventa nel 1856 pianista di corte del Re di Hannover, pur seguitando a viaggiare per tutta l’Europa. Particolarmente apprezzato per le interpretazioni di Chopin, eccelle anche in opere di Schumann, Brahms o Gottschalk, le cui composizioni ha conosciuto durante il soggiorno americano. Nel 1866 Jaëll sposa la pianista e compositrice Marie Trautmann. I due musicisti si stabiliscono a Parigi, ma si esibiscono assieme in numerosi paesi, suonando sia il grande repertorio sia le proprie opere. Una testimonianza d’epoca spiega che “la tecnica di madame Jaëll brilla soprattutto per la foga, la potenza e lo splendore, mentre quella del marito si fa notare soprattutto per una grazia e un’eleganza quasi femminili”. Alfred Jaëll scompare repentinamente all’età di quarantanove anni, lasciando Marie vedova a trentacinque anni. Il suo catalogo annovera circa duecento pezzi per pianoforte, tra cui Interlaken, Nocturne dramatique, Aux bords du Mississipi, le “Variations burlesques” Le Carnaval de Venise, nonché numerose trascrizioni, parafrasi e fantasie.

Richard Wagner: Sonata per pianoforte in la bemolle maggiore
Nel 1831 Wagner compose due sonate per pianoforte. Riprendendo il genere nel 1853, abbandonò la tradizionale struttura in più movimenti delle partiture giovanili per adottare una forma unitaria. La prima parte, dal lirismo pervaso di gravità, conduce a una sezione in un registro più acuto. Il tempo si anima a poco a poco, l’espressione diventa appassionata e tumultuosa. Poi la musica si riallaccia all’atmosfera e al materiale dei primi episodi. Anche se la Sonata in la bemolle maggiore riprende l’idea di continuità sviluppata nelle opere, il suo linguaggio è tuttavia meno audace. Intitolata Eine Sonate für das Album von Frau M. W. (Una sonata per l’album della signora M. W.), essa dissimula il nome di Mathilde Wesendonck (1828-1902), moglie di un ricco azionista di una seteria. Nel gennaio e febbraio 1852 i Wesendonck assistettero a due concerti diretti da Wagner a Zurigo. Poco dopo Mathilde fece conoscenza con il musicista. La Sonata, scritta nella tonalità del futuro duetto d’amore di Tristan und Isolde, rivela la loro nascente passione. Il 16 dicembre 1854 Wagner confidava a Liszt: “Poiché nella mia esistenza non ho mai conosciuto la vera felicità d’amore, voglio ancora erigere al più bello di tutti i sogni un monumento in cui, dall’inizio alla fine, questo amore possa davvero questa volta realizzarsi fino alla saturazione,” Poiché la relazione (sembra platonica) tra Wagner e Mathilde era stata scoperta da Minna, moglie del compositore, nell’agosto 1858 Wagner dovette lasciare Zurigo. Un anno dopo terminò il suo “monumento al più bello di tutti i sogni”: Tristan und Isolde.

Richard Wagner (1813-1883)
Wagner fu probabilmente il compositore che abbia mai suscitato le reazioni più accese e contrastate: incomprensione, critiche virulente e appassionata venerazione. In Francia divenne simbolo di modernità dapprima per merito degli scrittori, come testimoniano in particolare i testi di Baudelaire e la “Revue wagnérienne” fondata nel 1885 da Édouard Dujardin, alla quale collaborarono Catulle Mendès, Villiers de L’Isle-Adam e Mallarmé. Numerosi artisti compirono il “pellegrinaggio” al Festspielhaus di Bayreuth inaugurato nel 1876. Benché rinnovi il teatro lirico, Wagner comincia con l’assimilare i modelli drammatici del proprio tempo: Le fate, l’opera romantica retaggio di Spohr, Weber e Marschner; Il divieto d’amare, l’opéra-comique e l’opera buffa che segneranno altresì I maestri cantori di Norimberga; Rienzi è modellato nello stampo del grand opéra, alcune caratteristiche del quale rimarranno percepibili nelle partiture della maturità. A partire da L’olandese volante (rappresentato nel 1843) Wagner s’ispira soprattutto a leggende e miti celtici, germanici o nordici, nei quali sono presenti talvolta fatti storici (Tannhäuser, Lohengrin, Tristan und Isolde, Der Ring des Nibelungen, Parsifal). Affinché il discorso sia una costante “arte della transizione”, Wagner lo alimenta di motivi conduttori unificanti (leitmotive), elabora un linguaggio armonico che sempre più rifiuta le soluzioni. Investe peraltro l’orchestra di un ruolo sempre più importante, nell’intento di commentare il testo cantato, rivelare l’inconscio dei personaggi, annunciare o evocare eventi.

Franz Liszt / Richard Wagner: Spinnerlied aus Der fliegende Holländer von Richard Wagner S. 440
Inspirato da Le memorie del signor von Schnabelewopski di Heinrich Heine (1834), rappresentato a Dresda il 2 gennaio 1843, L’olandese volante è la prima opera della cosiddetta ”trilogia romantica” di Wagner, che prosegue con Tannhäuser e Lohengrin. Il compositore abbandona la favola italiana (Le fate), la commedia shakespeariana (Il divieto di amare) e l’affresco storico (Rienzi) per volgersi alle leggende germaniche. “L’olandese volante” (titolo dell’opera in tedesco), condannato a vagare senza meta per aver sfidato Dio, sarà redento solo se una donna gli sarà fedele fino a sacrificare la propria vita. I personaggi femminili appaiono all’inizio dell’atto II: le compagne di Senta filano cantando allegramente. Senta rimane in disparte. Ossessionata dalla leggenda dell’Olandese, accenna alcuni frammenti della Ballata che intonerà più oltre per raccontare la storia del marinaio maledetto. In realtà, il “Canto delle filatrici” (Spinnerlied) non è solo un “pezzo di genere”, destinato ad allentare l’azione: esso incarna il mondo esterno che entra in tensione e con l’interiorità del sogno di Senta, il quale diverrà tuttavia realtà. L’adattamento pianistico realizzato da Liszt nel 1860 mantiene la vivace leggerezza della scena. Un disegno sinuoso raffigura il movimento degli arcolai sul quale s’inserisce il coro delle fanciulle. Ma Liszt sopprime i passaggi recitativo e arioso, in cui i personaggi dialogano e interrompono il “Canto delle filatrici”. In compenso introduce in due riprese il motivo dell’Olandese, richiamo che punteggia la totalità dell’opera.

Franz Liszt / Richard Wagner: Isoldes Liebestod aus Tristan und Isolde S. 447
Alla fine del 1858 Liszt rimase sconvolto dalla lettura del primo atto di Tristan und Isolde, di cui Wagner gli aveva inviato le bozze. Nel 1867, due anni dopo la prima rappresentazione dell’opera a Monaco (10 giugno 1865), adattò La Morte d’amore d’Isolde, episodio finale dell’atto III. In segno di deferenza non scrisse una parafrasi né una fantasia, ma una trascrizione che, mediante tremoli, arpeggi, ampi accordi e sovrapposizione di piani sonori, mantiene la sostanza della scena drammatica. Tuttavia, poiché la densità della scrittura wagneriana non gliene consentiva l’intera trascrizione al pianoforte, Liszt eliminò gran parte della linea vocale. Idea pertinente, in quanto l’orchestra suona la totalità delle linee melodiche, solo a tratti raddoppiate dalla declamazione di Isolde, estatica e appassionata. Nel momento in cui Liszt trascrisse La Morte d’Isolde, la sua amicizia per l’autore di Tristan si era tuttavia allentata. La figlia Cosima aveva lasciato il marito Hans von Bülow per vivere con Wagner. Anche se Liszt prese le difese di Bülow (peraltro primo esecutore della sua Sonata in si minore e di Tristan und Isolde), continuò ad ammirare e a difendere la musica di Wagner. Nel 1883 compose R.W.-Venezia e Am Grabe Richard Wagners (Sulla tomba di Richard Wagner), due omaggi pianistici al musicista appena scomparso. Tre anni dopo assistette al festival di Bayreuth. Fu in quella città che si spense il 31 luglio, qualche giorno dopo aver assistito a Tristan und Isolde, rappresentato al Festspielhaus per la prima volta.

Franz Liszt (1811-1886)
Nato a sud di Vienna in una regione che è stata temporaneamente ungherese, Liszt viene iniziato dal padre allo studio del pianoforte. Bambino dotato, la cui educazione musicale sarà sostenuta da alcuni magnati ungheresi, diventa allievo di Carl Czerny che gli fa compiere importanti progressi. Incoraggiato dal padre a trasferirsi a Parigi, Liszt si integra nella sua città d’adozione grazie a una notevole disinvoltura linguistica. È lì, dopo che Cherubini gli ha rifiutato l’ammissione al Conservatorio, che studia contrappunto con Reicha e composizione con Paer. Il suo amore per l’erudizione lo spinge a frequentare gli ambienti artistici più in vista di Parigi. Dopo un difficile periodo creativo durante il quale pensa di farsi prete, ritrova interesse per la composizione al momento della Rivoluzione di Luglio. Si susseguono una vita scandita da incontri decisivi con i contemporanei (Berlioz – che ha difeso e incoraggiato –, Chopin, Paganini…), un posto d’insegnante al Conservatorio di Ginevra, quindi la scelta di una carriera di virtuoso. L’eccezionale figura del pianista, sovrapposta a quella del patriota, genera allora un fenomeno di “lisztomania” internazionale. Liszt è protettore e suocero di Wagner, e insegna a future celebrità quali Marie Jaëll e Emil von Sauer. I suoi concerti per pianoforte coniugano difficoltà tecnica e concezione formale innovatrice (ciclicità), le trascrizioni per pianoforte presentano un’inventiva rara per l’epoca e le Rapsodie ungheresi mettono in auge la musica tzigana del suo paese natale. I poemi sinfonici (Mazeppa, Les Préludes), l’oratorio Christus e la Dante-Symphonie figurano tra le sue opere più visionarie.


Informazioni:
http://www.bru-zane.com/?concerti=wagner-alla-francese&lang=it
 

 
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