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News    |    anno 2014

Canto Perduto, Canto Ritrovato

martedì 18
mar 2014
Copertina Vi segnaliamo il nuovo libro del M° ANTONIO JUVARRA:
 
CANTO PERDUTO, CANTO RITROVATO
Liberare la mente per liberare la voce
ARMANDO EDITORE

(Dalla prefazione)

Tutti (prima dell’età di sei anni) avremmo giurato che il sole si tuffa nel mare, che i binari si toccano all’orizzonte, che la terra è piatta e che nella radio si nasconde un omino misterioso che ci parla dentro… Tutti prima di entrare nell’universo del vero canto, avremmo giurato che per cantare occorre azionare le corde vocali, alzare il palato molle, abbassare la laringe, usare il diaframma ecc. ecc. Due diverse illusioni: qual è la differenza ? Che la seconda, invece di essere dissipata, è tuttora coltivata e propagandata da quegli strani professionisti che sono i meccanici della voce, quelli che, per intenderci, danno istruzioni su come muoversi nel labirinto della voce, conoscendone al massimo (e dall’esterno) l’ingresso… E’ sulle loro mappe del labirinto che paradossalmente si basano i manuali di studio delle moderne scuole di canto, generando un nuovo tipo di cantante: il cantante robotizzato e lobotomizzato nelle sue facoltà sensoriali… Educato a stare fuori da sé stesso e a osservare la periferia del proprio corpo alla ricerca di una tastiera inesistente, il cantante dei nostri tempi si preclude la possibilità di conoscere quel vero sé stesso, fatto di immagini, sensazioni e visioni interiori che ‘rimano’ tra loro in un gioco di richiami a indicare la vera via del canto e dell’essere.
“Il vero realista è il visionario” è la verità paradossale che più si addice al vero cantante. La fantascienza pseudo-realista dei muscoli, delle leve e dei tasti è invece la falsità paradossale che più si insinua nella mente degli allievi di canto fuori e dentro i conservatori, facendo del canto un’arte perduta.
Ha detto Sergiu Celibidache: “La realtà è qualcosa che noi tendiamo a 'cosificare', cioè a trasformare in una serie di oggetti. Essa è invece qualcosa che si nasconde e che esiste anche se noi la disconosciamo. Noi non dobbiamo far altro che trovarla. Non bisogna mai dire: “Tu non sai ! Questa cosa si fa così !” Solo un cretino lo direbbe. Il sapere in questo caso diventa attaccamento al passato. Invece si tratta di scoprire che cosa c'è al di fuori di noi e di ogni tentativo della volontà di aggrapparsi alla realtà. Io per esempio potrei dire: “Questa frase va fatta così e così !”, ma voi allora non fareste altro che imitare. C'è qualcosa che resta completamente indefinibile. Non rimane altro da fare che lasciarlo succedere. Tu stesso non fai niente. Non vuoi niente. Lasci solo che accada.....”
In altre parole: esiste un io razionale, inferiore, che crede di 'sapere', ma che in realtà non sa che ripetere meccanicamente il vecchio e il già noto... Invece di lasciare che il fenomeno si produca naturalmente e autenticamente, rinascendo nuovo ogni volta, esso pretende di poterlo riprodurre in base ai propri schemi mentali statici. In questo modo trasforma una funzione naturale, un processo dinamico, una forma vivente in una serie di oggetti prefabbricati, di forme morte, di stampini che uccidono sia la musica sia il canto. Applicata alla didattica e alla tecnica vocale, l'ultima frase di Celibidache si potrebbe parafrasare nel seguente modo. I maestri di canto dicono sempre: “Questa parola, questa consonante, questa vocale va pronunciata così e così ! Questo respiro va fatto tenendo i muscoli così e così ! Questa pressione del fiato va fatta così e così !” Ecco perché poi gli allievi diventano banali imitatori e non cantanti... Mentre stavano lì a pensare non alla realtà del canto, ma alla loro idea astratta e prefabbricata del canto per meglio “correggerlo” e “perfezionarlo”, ecco che, senza che se ne accorgessero, l'onda è passata: quell'onda era il canto... 
Prendere coscienza di un miraggio e svegliarsi dal sogno è come sempre il primo passo per far sì che al tramonto e alla notte seguano l’aurora e l’alba.
 
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