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Le interviste

Intervista a Fiorenza Cedolins

mercoledì 24
ago 2011
Fiorenza CedolinsDal libro "Come Canti? Scopri la tua voce" di Antonella Neri ed. Ut Orpheus

Fiorenza Cedolins spicca nel panorama lirico internazionale: interprete dalle multiformi doti, coniuga la voce intensa, dalle rare sfumature, ad una speciale capacità di “entrare” nel personaggio, facendone propri tratti e sensibilità e rendendolo vivo e vibrante infondendo del “proprio” al personaggo stesso. Questa duttilità vocale e “artistica” in senso stretto le consente di spaziare in diverse epoche e stili pur mantenendo inconfondibile la sua impronta.
Fiorenza Cedolins inaugurerà con Don Carlo la prossima stagione del Teatro alla Scala di Milano il 7 dicembre.

Mi appresto con una certa emozione a questa intervista.

Signora Cedolins,
prima di tutto desidero ringraziarla a nome di tutti i frequentatori di www.cantarelopera.com che le saranno certamente grati per avere accettato di rispondere alle nostre domande.


Lei nel 1996 ha vinto il concorso internazionale "Luciano Pavarotti Voice Competition", e ha poi cantato in Tosca al Teatro dell’Opera di Philadelphia a fianco del grande Tenore.
Un suo ricordo del Maestro del quale in questi giorni è ricorso l’anniversario della morte.
Cosa è significato per lei “quella” Tosca?

E’ già trascorso un anno dalla scomparsa prematura di questo grandissimo artista ed i ricordi sono tanti e molto belli. Luciano era un artista straordinario e di una intelligenza, che si divertiva a nascondere sotto una facciata di sagace bonomia - spesso burlona -, veramente acuta. Non potrò mai dimenticare la prima volta che cantai con lui, in quel terzo atto di Tosca messo in scena con i vincitori del suo prestigiosissimo concorso a Philadelphia. Emozionante! Mentre cantavamo il duetto, lui mi dava suggerimenti! Mi diceva “sorridi, sorridi!”, con quella “s” arrotata, alla modenese. Altre due frasi del duetto ed ancora: “Guarda il pubblico, è a loro che lo devi dire!” . Poi, finito lo spettacolo, mi disse una cosa molto seria: “Per i primi dieci anni non puoi mai sbagliare e dopo …nemmeno…”, con una punta di tristezza nella voce. Spesso il pubblico è ingiusto con i suoi beniamini e si dimentica troppo facilmente dei momenti straordinari nella carriera di una artista .

Quanti ruoli ha interpretato ad oggi?
Il debutto come solista fu nell’89 al Verdi di Trieste. Dicevo un paio di frasette nella Linda di Chamounix ! …Come protagonista, il debutto fu nel ’90 con Rosalinde ne Il pipistrello al Petruzzelli, pochi mesi prima dell’incendio. Da allora ho spaziato nel repertorio da Monteverdi a Richard Strauss, con qualche divagazione nell’operetta -mio primo amore- ma prevalentemente nel repertorio serio. Credo di contare una quarantina di ruoli protagonistici. Sinceramente ogni volta che li conto, mi accorgo di aver dimenticato qualcosa…..

Quali ha amato e ama di più?
I grandi amori sono stati Leonora de Il Trovatore, ruolo che incarna il mio ideale musicale e che fece maturare in me la decisione di diventare una cantante…., Norma , sublime donna, completa e inflessibile, e, naturalmente, la piccola gesha Cio-Cio San, bambina cresciuta troppo in fretta.

Quale ruolo che non ha ancora interpretato le piacerebbe cantare?
Mi sento “intrigata” dal repertorio donizettiano. Dopo il debutto nel Poliuto, sto lavorando su Maria Stuarda, enigma musicale…, uno dei “ruoli Malibran” e quindi pensato per contralto acuto (!).
Ho intenzione di portare quanto prima in scena Lucrezia Borgia.
Trovo stimolante Donizetti per la duplice sfida, musicale ed interpretativa, sfida complessa e di totale responsabilità. Gli spartiti di Verdi sono percorsi più obbligati e, per certi versi, più semplici, se si possiede voce e tecnica per eseguirli…. Le opere di Donizetti, invece, sono come degli abiti da confezionarsi su misura ed è l’interprete stesso che deve saperlo fare, con la doverosa originalità di ciascuna lettura. Nessun altro può sostituirsi ad esso.
I personaggi, inoltre, sono sì riferiti ai grandi testi letterari, ma solo sommariamente delineati da didascalie o commenti dell’autore. Tutto è scritto solo nella musica. E’ quindi necessaria una profonda ricerca interpretativa, unita ad una certa maturità musicale e drammatica, per non essere superficiali o banali.

Il nostro è un sito a taglio prevalentemente formativo.
Non posso lasciarmi sfuggire quest’occasione per farle qualche domanda di carattere più tecnico.
Lei ha dichiarato di ritenersi “autodidatta”. Può spiegare meglio in che senso?

All’inizio dei miei studi, non ho avuto la fortuna (?) di potermi permettere insegnanti di canto privati e, quindi, mi sono industriata ad imparare da tutti e da nessuno in particolare. Ho “rubato” il mestiere -come si dice in gergo- in palcoscenico, osservando come facevano gli altri. Raramente mi sono permessa di disturbare qualche grande interprete per avere un consiglio. Certo, il punto di vista di osservazione era privilegiato, perché, già a vent’anni cantavo nel coro del Teatro Verdi di Trieste.
Ho avuto, però, la fortuna di collaborare da subito con valentissimi musicisti e di avvalermi dell’aiuto di ottimi spartitisti. Credo che questo mi abbia consentito di affinare molto l’orecchio ed il senso critico. In effetti, mi baso moltissimo sull’ascolto. Ancora oggi verifico le esecuzioni registrando prove e spettacoli per poi studiarci sopra.
Il percorso è stato lungo e il dubbio è il mio pensiero costante….Col senno di poi, preferisco così. Meglio sviluppare un buon senso critico che fare brutti risvegli….

Secondo lei quanto conta avere un bravo insegnante di canto?
Se è veramente bravo, ti può guidare subito sulla giusta strada, consentendoti di guadagnare tempo prezioso e soprattutto evitando errori che potrebbero essere irreparabili. Se non lo è…meglio fare da soli!

Molti lettori mi scrivono per chiedere qual è l’età giusta per iniziare a studiare canto lirico, ma anche e soprattutto quando è “troppo tardi”. In genere io rispondo che dipende dalle ambizioni professionali.
E’ d’accordo?

Ovviamente dipende da ciò che si vuole essere! Posso dire che l’educazione della voce al canto lirico può iniziare un paio di anni dopo il completo sviluppo fisico dei ragazzi.
Indispensabile è comunque possedere già un’ ottima forma e consapevolezza fisica, poiché lo sforzo maggiore è proprio quello respiratorio ed in questo noi siamo allenati come dei veri e propri atleti.
Età limite, in teoria, non ce n’è. Ma, se si vuole imboccare la strada di una carriera internazionale, bisogna tenere conto della realtà oggettiva: dopo i quarant’anni è rarissimo ottenere un’audizione…, calcolando che prima ci vogliono una decina di anni di studio, il conto è presto fatto!

Secondo lei in Italia è possibile un percorso di studi proficuo nelle istituzioni scolastiche?
L’Italia è il Paese delle eccezioni ….alle regole…. Mi sembra che anche nel campo musicale la regola sia questa!

Durante una Master class Alfredo Kraus disse che sono necessari dieci anni per formare completamente una voce. Lei che ne pensa?
Almeno! !! Aggiungo che la voce è solo lo strumento….poi ci vuole l’Artista! E questo non si finisce mai di formare…

Un altro tema ricorrente è legato al come gestire l’emotività durante l’esibizione. Questa componente viene quasi sempre trascurata dagli insegnanti, invece condiziona in maniera forte moltissimi cantanti, specie agli inizi.
Come vive i momenti prima di entrare in scena? Si emoziona ancora? Come fa ad ottenere la giusta concentrazione: ha dei suoi” rituali”, qualche metodo personale?

L’unico modo per vincere lo stress da esibizione è essere completamente sinceri con se stessi ovvero rispondere con tutta la cruda verità ad un paio di domade: “perché canto?”, “ E’ questo ciò che desidero essere nella vita?” Le risposte ti daranno modo di superare la paura oppure di accettare la realtà. Cantare è uno dei tanti modi di essere Artista, non l’unico. Si fa solo se costituisce un profondo piacere, solo se si è veramente e sottolineo veramente felici di farlo.

Gli acuti: non c‘è studente di canto che non li tema! Secondo lei è necessario possederli , per così dire, “di natura”, o si possono “costruire” con lo studio?
In questo la mia esperienza, non considerando ciò vangelo…., mi fa dire che la voce c’è già in natura. Lo studio serve ad organizzarla, a diventare completamente consapevoli dei meccanismi di emissione e ad allenare perfettamente le strutture fisiche che producono il suono.
Una volta ben appresa la tecnica per ”girare la voce in maschera”, si capisce qual è l’estensione di una voce abbastanza velocemente. Il problema è che spesso vengono considerate formate voci di cantanti che non hanno mai capito questa tecnica!
Per cui si possono verificare casi di persone che, anche dopo decenni di studio, finalmente capiscono dove diavolo si devono”mettere” gli acuti!!!!

Vorrei chiederle ancora moltissime cose, ma vengo alle ultime due domande:
Quanto tempo deve/può studiare al giorno un cantante?

“In voce” direi due, tre ore al giorno. Non si deve nemmeno eccedere con l’allenamento. Le donne, poi, devono rispettare dei tempi di riposo fisiologico importanti, legati al ciclo ormonale. Un’ottima regola per non esagerare è questa: finiti i vocalizzi, la voce risponde meglio o peggio di quando si sono iniziati? Se la risposta è “peggio” si deve sospendere lo studio per una verifica sulla tecnica o sulla salute vocale.
Poi, però, c’è il lavoro sulla respirazione, la ginnastica, specialmente per gli addominali…., lo studio teorico, ovvero riflessioni e confronti tecnici con ascolti di registrazioni e di esecuzioni dal vivo. E vogliamo parlare dell’approfondimento estetico e culturale? Insomma, direi che ventiquattro ore sono pochine…..Fiorenza Cedolins

Un consiglio a chi studia ma ancora non ha trovato la strada giusta:
Usare più il cervello che la gola….

La ringrazio di cuore per la sua disponibilità , le sue parole saranno senz’altro preziose per molti.
La saluto affettuosamente anche da parte di tutti i lettori e in bocca al lupo per i suoi impegni futuri.
Mi auguro di averla ancora presto ospite di www.cantarelopera.com!


Credo che avere la possibilitò di conoscere le opinioni di grandi cantanti come Fiorenza Cedolins su temi con i quali chi studia canto si confronta tutti i giorni costituisca un'occasione di crescita da non perdere.
A presto Giulia
© "Cantare l'Opera" Settembre 2008
Le foto della Signora Cedolins sono protette da copyright.
GIOIELLI:  Rajola www.rajola.it
PHOTO: Cristiano Zane - ECLIPSE www.eclipseadv.com

Adesso vorrei rivolgere una domanda a Elena Bresciani, socia di “Cantare l’Opera”, che è stata il prezioso tramite per questa intervista.

Cosa significa studiare con Fiorenza Cedolins?
E’ un onore e una responsabilità al tempo stesso.
Significa potersi confrontare con una persona umanamente disponibile, sensibile, riflessiva, intelligente e divertente (oltre che con la grande artista che tutti conosciamo), mettendosi a nudo in modo estremamente sincero e autocritico.Significa porre domande ed avere delle risposte chiare, concrete. Significa avere un mentore, un punto di riferimento di altissima professionalità che canta con te mentre ti spiega i concetti tecnici, si mette in discussione con te trovando delle soluzioni tecniche che rispettino sempre le peculiarità del tuo strumento, lasciandoti libera di essere te stessa dal punto di vista espressivo-creativo, con grande rispetto, senza mai cercare di creare un “clone di sé” a livello interpretativo.
A livello pratico questo si traduce in un’attenzione scrupolosa sulla respirazione e la “meccanica” dello strumento, riflessioni sui problemi tecnico-stilistici, commenti su esecuzioni live, conversazioni sul senso dell’arte.
Sapere che lei mi incoraggia, mi sostiene e crede in me, mi permette di vivere la disciplina del canto (fatta di regole ferree ed un metodo scrupoloso) con grande serenità.

© Ut Orpheus - Riproduzione riservata
 
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