Tecnica e Stile del Canto Barocco, una serie di articoli per specialisti e non
Ritengo sia assolutamente fuori discussione che esistano una tecnica e uno stile specifici per il canto barocco, così come esistono una tecnica e uno stile specifici per il canto d'Opera. E proprio della tecnica e dello stile del canto barocco parlerò in questi interventi iniziando dallo spartito, cioè le note scritte dal compositore.
Per la musica dell'Ottocento, ciò che il compositore scrive è ciò che deve essere eseguito. Certo, ai cantanti i compositori d'Opera lasciarono una certa libertà, anche perché forse sapevano che per quanto facessero non sarebbero riusciti a impedir loro di aggiungere un tocco personale a ciò che stavano cantando: per esempio nelle cadenze finali, o nelle variazioni da inserire nei ritornelli. Ma erano libertà limitate, e andando verso il Novecento con Puccini o spostandosi in Germania con Wagner diminuirono sino a scomparire.
Per la musica barocca in genere, la situazione è esattamente opposta: il cantante (e anche lo strumentista solista o in piccole formazioni) deve aggiungere note oltre quelle scritte dal compositore. Cantare ‘soltanto’ le note scritte equivaleva nel pensiero di allora a eseguire una specie di ossatura della musica, un riassunto senza attrattiva, non la musica stessa.
A confermare il fatto che l’inserimento dei passaggi (cioè le variazioni) da parte dell’esecutore fosse ritenuto essenziale sono le parole di tutte le maggiori personalità musicali dell’epoca (siano teorici o musicisti) da Zarlino a Ortiz a Bovicelli, e ancora i compositori dell'epoca della nascita dell'Opera e del Recitar Cantando come Jacopo Peri, Giulio Caccini, Emilio de' Cavalieri e molti altri, sino a Carl Philipp Emanuel Bach e Joachim Quantz....
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