News | anno 2014
Prima rappresentazione dell'Opera "IL GHETTO - VARSAVIA 1943" di Giancarlo Colombini
giovedì 23
ott
2014
IL GHETTO - VARSAVIA 1943
di
GIANCARLO COLOMBINI
(1906 - 1991)
Libretto di DINO BORLONE
PRIMA RAPPRESENTAZIONE MONDIALE
TEATRO VERDI di PISA
sabato 22 novembre ore 20.30; domenica 23 novembre ore 16.00
(revisione per riduzione dell'organico orchestrale del Maestro Luigi Pecchia)
GIANCARLO COLOMBINI
(1906 - 1991)
Libretto di DINO BORLONE
PRIMA RAPPRESENTAZIONE MONDIALE
TEATRO VERDI di PISA
sabato 22 novembre ore 20.30; domenica 23 novembre ore 16.00
(revisione per riduzione dell'organico orchestrale del Maestro Luigi Pecchia)
PREMESSA all'opera "Il Ghetto"
"Il quartiere ebraico della città di Varsavia non esiste più. La grande azione ha avuto termine alle ore 20:15 con l'esplosione della Sinagoga di Varsavia."
Così il rapporto del capo della polizia tedesca Stroop, sulla azione finale nel ghetto di Varsavia.
Il rapporto reca la data del 16 maggio 1943.
Dei quattrocentocinquantamila ebrei della capitale polacca, se ne salvarono, per cause del tutto fortuite, solo poche decine.
Dalla Premessa alle "Pagine critiche sull'opera Il Ghetto - Varsavia 1943"
di Silvia Colombini
Se qualcuno mi chiedesse quali siano i protagonisti dell'opera "Il Ghetto - Varsavia 1943", risponderei: l'uomo, la dignità e il dovere di ricordare.
Parafrasando le parole del grande filosofo Wittgenstein, in quello che è considerato il più famoso enunciato della filosofia occidentale contemporanea: "su ciò di cui non si può parlare si deve tacere", posso affermare che, secondo la mia opinione, il grande valore artistico di Colombini risiede nell'aver compreso che è certamente vero che ci sono cose che non si possono dire, ma che è altrettanto vero che ci sono cose sulle quali non si può tacere.
"Il Ghetto" nasce per questo, per far parlare l'indicibile, usando la sola cifra dell'emozione, capace di valicare qualsiasi barriera linguistica, culturale, religiosa, fisica.
A noi che sediamo qui stasera, è dato il privilegio di "sentire", e il prezioso compito di non dimenticare.
Messaggio in caratteri ebraici, che appare proiettato in scena, alla fine dell'opera
CHI NARRERA' LA LORO STORIA POI CHE SARANNO RECISI DALLA TERRA? CHI DIRA' “PER I NOSTRI MALI IL LORO CORPO E' LIVIDO DI PIAGHE”?.
ARGOMENTO
Scena - Unica per i tre atti: la piazza del ghetto di Varsavia con edifici in rovina e a destra, una cucina diroccata, con la parete verso il pubblico sezionata.Personaggi - Otto persone - e non personaggi, come chiaramente enunciato all'inizio del libretto - che vivono nella stessa casa e che costituiscono due nuclei familiari: il vecchio Samuele con i due suoi figli: la "giusta" Justa, ragazza giovane e combattiva, innamorata di Isacco e il "traditore" Feri (membro della polizia ebraica, collusa con i nazisti); Marek, con la moglie Sara e il piccolo Michele, loro figlio. Un nono "personaggio senza parole" sono gli ebrei che si muovono nella piazza e si odono dietro le quinte con un canto lontano.
Azione - L'azione si svolge dalle ore 17 del 15 maggio 1943, al sorgere del sole del 16 maggio 1943 (giorno dell'azione finale del ghetto).
Premessa e messaggio finale - L'opera si apre e si chiude - con due messaggi scritti - nel silenzio della riflessione, che è il silenzio del rispetto della sofferenza, dell'orrore, del buio delle coscienze, del mondo che sta a guardare, e soprattutto il silenzio di Dio, che ha girato il Suo volto lasciando l'uomo solo; ogni uomo: il giusto ebreo, solo di fronte alla sofferenza e alla violenza dei carnefici, e il carnefice stesso, che l’assenza di Dio e della Sua immagine, ha trasformato in ignobile bestia.
Vicenda - Sono gli ultimi momenti della Resistenza ebraica a Varsavia. Nell'esiguo arco temporale di un solo, ultimo, giorno, per le persone della vicenda tutto si fa estremo: la paura, la fame, il tradimento di un ebreo venduto, la follia, l'amore, la volontà di fuga, e, al contrario, la ferma determinazione a restare nel ghetto e morire con dignità.
I personaggi, esattamente come gli storici resistenti del ghetto, non hanno speranza di vita, ma solo la possibilità di scegliere, come scrisse il sopravvissuto al ghetto Marek Edelman, "una morte meno disonorante".
Ognuno di loro dovrà prendere una decisione su come morire, dando così senso alla propria esistenza: Samuele aspetterà la fine come un destino al quale non ci si puo' sottrarre; Marek, il cui cuore è diventato incapace di dare amore al mondo, a causa della morte del figlioletto Michele, l'aspetterà come tregua al dolore; sua moglie Sara, incapace di sopportare la perdita del figlio, "anticiperà" la morte, distaccandosi dalla vita in una visione di folle imperturbabilità; il traditore Feri incontrerà una morte rapida e da vigliacco; Justa e Isacco, eroi della dignità, supereranno la morte con la reciproca promessa d'amore eterno che trascende ogni fine: quella delle loro vite e quella degli ebrei a Varsavia. Uniti mano nella mano, in un amore inteso come α-mors, ossia senza morte, oltre la fine, essi scelgono di resistere e morire nel ghetto per vivere nella storia, perchè non si dica che sono "morti come cani" e per dare testimonianza al mondo che "un uomo è un uomo".
LA MUSICA E IL LIBRETTO
La musica e il libretto (che contiene anche indicazioni registiche) sono intessuti insieme in un'unica opera d'arte totale.Il libretto è diviso in scene, ma collegate una all'altra. Spesso il trait-d'union tra esse è la luce, che acquista una funzione narrativa.
Il librettista Borlone sceglie un linguaggio incisivo e "vero", scevro da ogni enfasi retorica.
La musica è un flusso senza soluzione di continuità, travolgente, cupa, penetrante, ma anche passionale ed estatica.
Il compositore Colombini rinuncia al "teatro" inteso come spettacolarizzazione delle emozioni. Egli, parafrasando il grande filosofo ebreo Lévinas, non vuole "trasformare in spettacolo la Passione delle Passioni", ma cerca una profonda riflessione, fatta sì di musica, canto e azione, ma pur sempre riflessione, quindi messaggio.
In una pagina infinitamente buia della storia ebraica, i due autori vedono un dramma dell'intera umanità, un "buio" dell' uomo e della sua coscienza.
Attraverso l'emozione della musica e i dialoghi, si crea un'inversione del piano attore - spettatore: Justa, Isacco e le altre persone dell'opera, dalla loro cucina diroccata, guardano, interrogano e responsabilizzano la platea, chiedono di non morire invano e che non vada dispersa la Memoria.
Essi ci chiedono di diventare "attori" della Storia.
"Il Ghetto" fu segnalato e premiato, nel 1970, da Herbert Von Karajan al Concorso Internazionale "Guido Valcarenghi" e rappresenta un unicum, essendo l’unica opera lirica che abbia per soggetto la Shoah.
CONTATTI Fondazione Teatro di Pisa - Via Palestro, 40, 56127 Pisa. Tel. 050 941111 Silvia Colombini (Soprano e nipote del compositore) Autrice dei testi di critica su "Il Ghetto - Varsavia 1943" Cell +39 335 376000 mail: silvia@silviacolombini.it www.silviacolombini.it |
INFO www.giancarlocolombini.org http://www.teatrodipisa.pi.it/lestagioni/cal-opera/101-il-ghetto/event_details |
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