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INTERVISTA        del:17/06/2021

Intervista a Mariella Devia Intervista a Mariella Devia

Mariella Devia è unanimemente considerata uno dei soprani più importanti del panorama lirico internazionale. Una carriera ultra-quarantennale che l’ha vista calcare con grandissimo successo i più prestigiosi palcoscenici di tutto il mondo.
La incontro in occasione della sua partecipazione come giurata alla 49ma edizione del Concorso Internazionale Toti Dal Monte, promosso dal Teatro Stabile del Veneto e dal Comune di Treviso.
Lei stessa fu vincitrice del Concorso nel 1973.

Dopo una vita in Teatro e una carriera del suo livello, quali sensazioni prova a trovarsi “dall’altra” parte? Si riconosce in qualche modo nei ragazzi che affrontano questa prova?
Sicuramente! Anzi le dirò che mi sento più a disagio da questa “parte”. Proprio perché rivivo insieme ai ragazzi le loro ansie, le loro paure, i loro problemi. Non credo che sarò più in una giuria, soffro troppo!

La 49ma edizione del concorso Toti Dal Monte ha registrato un boom di candidature (247) da 30 paesi del mondo. Si aspettava un interesse e un fermento simili proprio nell’anno della pandemia da Covid-19?
Credo che ci sia stato un tale boom proprio a causa del periodo difficile che abbiamo attraversato e nel quale siamo ancora. Per più di un anno i ragazzi e i musicisti in generale sono stati fermi, non hanno potuto esprimersi, non hanno dato concerti, preso parte a produzioni.
E’ stato difficile anche studiare, le scuole e i Conservatori erano chiusi, e in più era quasi impossibile muoversi. Iscriversi al Concorso è stato anche un atto liberatorio, una sorta di rinascita, uno spiraglio per alimentare la speranza si possa continuare a fare ciò che si ama. Il desiderio di voltare al più presto questa pagina.

Come valuta la qualità delle candidature arrivate?
Come sempre c’è il buono e il meno buono. C’è da dire che sono talmente tanti i concorrenti che il livello non può essere altissimo. Ovviamente anche la tradizione e la fama del concorso “Dal Monte” hanno fatto da catalizzatore.

So che è un po' assurdo fare una domanda simile, ma rispetto a quando fece lei il concorso come giudica il livello di questa edizione?
Non sono paragonabili, prima di tutto perché noi eravamo molti di meno, eravamo pochi. L’ambito geografico era molto più ristretto, con giovani provenienti solo da qualche paese europeo In questo senso è cambiato tutto. Forse anche la preparazione è migliore oggi che allora.

Gli anni in cui lei debuttò e quelli immediatamente precedenti e successivi possono considerarsi come l’ ”Età d’oro” dell’Opera in Italia, sia per la quantità che per la qualità delle voci che fecero la loro comparsa sulla scena lirica. A suo giudizio, in questo periodo sta nascendo ancora un buon numero di talenti e quanto è cambiata la preparazione dei giovani cantanti lirici?
I talenti, se ci sono, vengono fuori in qualsiasi epoca. Oggi c’è una straordinaria partecipazione anche da paesi che una volta non avremmo mai pensato potessero produrre tanti cantanti. Basti pensare alla Cina, alla Corea. Qui amano in modo smisurato l’Opera lirica e la coltivano con una grandissima passione, direi molto di più di quando dei giovani italiani. Inoltre studiano davvero tanto e sono davvero molto preparati. Non che i nostri non lo siano...
E comunque quando si affronta il palcoscenico la preparazione è indispensabile, allora come adesso.

Mariella Devia vinse il Concorso Toti Dal Monte nel 1973, e debuttò al Comunale di Treviso in Lucia di Lammermoor, ruolo che interpreterà per moltissime volte e che eseguirà per l’ultima volta alla Scala di Milano nel 2006.

Cosa ha rappresentato per lei questo ruolo? Cos’ha di speciale?
Di speciale ha innanzitutto il fatto che è stata la mia prima opera importante in un Teatro importante. A quei tempi eravamo veramente dei debuttanti.
Poi è stato il ruolo che ho cantato di più, e dunque in un certo senso mi rappresenta.

In una ideale classifica di tutti i personaggi che ha vestito lo mette al primo posto?
Per il numero di recite che ho fatto della “Lucia”, certamente si. Ma ne ho amati molti altri.
Io lo dico sempre: quando sei sul palcoscenico e stai interpretando un ruolo, in quel momento è quello che ami di più.
Insieme a “Lucia” c’è anche Rigoletto, i Puritani….
Qual è il ruolo che ha reso più “felice” la sua voce, cioè quello in si è espressa vocalmente al meglio?
Tutto il repertorio belcantistico, nel quale ha spaziato il mio repertorio, mi ha reso felice. Bellini in particolare è stato l’autore con il quale la mia voce si è trovata particolarmente a suo agio. Ho cantato tutto quello che ho potuto cantare di Bellini, è stata una sfida entusiasmante. Ma non è facile passare da “Giulietta” de “I Capuleti e Montecchi” a Norma…

Ecco, lei ha citato il Belcanto.
La ricerca del legato assoluto, la linea vocale, il fraseggio, la duttilità e la morbidezza in tutta l’estensione, il mirabile controllo del fiato, l’accurata scelta del repertorio, il gusto raffinato e la splendida coloratura ne fanno una delle massime, se non la più importante, esponente del Belcanto. Questo termine, a volte inflazionato, è anche utilizzato in modo improprio.
Cos’è il Belcanto? La definizione di Mariella Devia.
Per me “Belcanto” significa cantare bene.
Significa una esecuzione il più possibile aderente alla scrittura, considerando che il massimo dell’espressività e della linea melodica è affidato alla voce.
Poi se ci riferiamo al periodo storico allora dobbiamo andare indietro nel tempo. Quindi Bellini, Donizetti, Rossini e io ci metto anche Mozart.
Ma dico che Belcanto significa "cantare bene" perché anche in tante opere di Verdi, ad esempio, ci sono dei cantabili che richiamano lo stile dei suoi predecessori, e che è difficile eseguire se non si dà un’impronta belcantistica.

Dopo il ritiro dalle scene, si è dedicata e si dedica all’insegnamento. Le piace insegnare?
Si, molto. E’ impegnativo però mi piace.

Quale ritiene siano la doti indispensabili che deve possedere un insegnante?
Ogni allievo è diverso dall’altro: ognuno ha i suoi pregi e suoi difetti, il suo carattere, il suo temperamento. La prima qualità dell’insegnante di canto è quella di capire la persona con la quale si ha a che fare, e cercare di entrare “in contatto” con lei facendo leva anche sulla dimensione empatica.

E, oltre le indispensabili doti vocali, la principale qualità di un buon allievo?
Si, anche l’allievo deve fare la sua parte. Oltre l’istinto, l’attitudine e l’intelligenza musicale, direi che “la testa” conta il 50%. Nel senso dello studio, dell’attenzione, e capacità di concentrazione.

www.cantarelopera.com è un sito a taglio prevalentemente formativo. Non posso lasciarmi sfuggire quest’occasione per farle qualche domanda di carattere più tecnico.
Lei è molto nota e apprezzata per la sapiente gestione del fiato. Qual è il segreto principale di questa sua capacità?
Non credo che ci siano dei segreti! Per me il fiato è lo “strumento” con il quale si canta e va usato nel modo giusto, e cioè nel modo più naturale possibile. Cercare di capire e sentire cosa succede e basta, senza sovrastrutture e complicazioni “tecniche” che danneggiano l’emissione anziché favorirla, in quanto possono creare costrizioni e irrigidimento.
In poche parole, capire come funziona il nostro corpo e non andargli “contro”. Agevolare la natura.

E’ più importante inspirare bene o il controllo dell’espirazione?
La qualità dell’inspirazione e dell’espirazione ha la stessa eguale importanza ai fini di una buona emissione.

Da questo dipende anche la capacità di eseguire un piano, un pianissimo, di filare un suono?
Si, dipende tutto dall’uso del fiato.

Gli acuti: non c‘è studente di canto che non li tema! Perché fanno così “paura”?
Perché sono quelli che aspetta il pubblico! Su di un acuto a volte si gioca il successo di un’aria, nonostante, magari, si siano eseguite perfettamente tutte le altre note. Questo è il dramma! (ride).
Per me, per un cantante, è anche vero che l’acuto è liberatorio. E in certi casi rappresenta anche l’aspetto funambolico della voce.

Secondo lei è necessario possederli , per così dire, “di natura”, o si possono, almeno in parte, migliorare con lo studio?
Si possono sicuramente migliorare. D’altronde l’acuto spesso rappresenta il momento “clou” della frase, quindi non si può evitare.

Nell’intraprendere e proseguire la carriera di cantante che percentuale assegna alla voce naturale e quale allo studio?
Cinquanta e cinquanta.

Qual è l’elemento che dà più sicurezza al cantante sulla scena?
La preparazione vocale e la padronanza del ruolo.

Secondo lei quanto conta nella formazione del cantante la preparazione musicale in senso più ampio?
Conta molto, un cantante è un musicista.

Molti lettori scrivono per chiedere qual è l’età giusta per iniziare a studiare canto lirico, ma anche e soprattutto quando è “troppo tardi”. In genere rispondo che dipende dalle ambizioni professionali.
E’ d’accordo?
Assolutamente. Anche se ci sono varie eccezioni a questa regola.

Un consiglio a chi studia ma ancora non ha trovato la strada giusta:
E’ difficile….suggerisco di non aver fretta di cambiare insegnante, ma studiare di più su se stessi. Non sempre è demerito dell’insegnante se le cose non vanno bene.

Il Toti Dal Monte è uno dei concorsi a garantire, oltre ad una parte in un’opera (quest’anno nel “Don Pasquale” di Donizetti) anche un premio in denaro, sicuramente un bellissimo riconoscimento e un’ottima prospettiva per una categoria che nell’ultimo anno e mezzo è stata ferma e penalizzata dalla sospensione degli eventi e dalla chiusura dei Teatri.
Cosa augura ai futuri vincitori?
Che possano proseguire nella carriera, e che il “Toti dal Monte” porti loro fortuna, come è successo a me.

E' stata un vera emozione parlare con Mariella Devia, la grande ambasciatrice del Belcanto nel mondo.
I ringraziamenti nascono dal profondo del cuore.
Antonella Neri

autore: admin

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