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Tecnica vocale
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L'omogeneità della gamma vocale

02/08/2011
Carissima Giulia,
è la prima volta che ti scrivo, ma leggo sempre con interesse le tue risposte.
Sono un soprano lirico-leggero, ho quasi 26 anni e studio da 6 anni e mezzo.
Sono diplomata e ora sto frequentando l'ultimo anno del secondo livello;
ciononostante la mia tecnica è ancora ben lontana dall'essere consolidata, poichè in conservatorio ho trovato solo insegnanti che non mi hanno capita né incoraggiata, anzi... ne ho subite di umiliazioni e ne ho versate di lacrime davanti a tutta la classe.
Per i primi due anni ho avuto solo il mio maestro del conservatorio, il quale,non riuscendo a spiegarmi come prendere gli acuti, mi faceva cantare brani più bassi rispetto al mio registro (anche roba da mezzosoprano), così avevo la voce tutta affossata e anche prendere un SOL acuto era diventato una fatica. Da quasi quattro anni ormai ho anche un'insegnante privata, che mi ha fatto prendere coscienza di essere un soprano lirico-leggero e mi ha fatto scoprire i miei acuti e sovracuti praticamente "vergini": inizialmete sembravano lamenti, ma pian piano sono riuscita a liberarli, a sistemarli un po', e a portare il loro squillo anche nelle note gravi, liberando così la prima ottava.
Tutto questo lavoro mi ha portato però uno scompenso nel capire la giusta posizione di tutta la gamma dei suoni: ad esempio per evitare di tornare ad affossare la voce canto le note basse troppo di testa, ho difficoltà a trovare la posizione  delle note dal DO terzo spazio al FA diesis, che prendo in tanti modi diversi, e di conseguenza anche gli acuti, avendo una preparazione ogni volta diversa,  a volte sono troppo larghi e stimbrati, a volte troppo puntati e striduli...
A tutto ciò si aggiunge che, a detta di chiunque mi sente, ho un timbro che, anche se educato, è leggermente metallico, tendenzialmente puro, con poco vibrato e pochi armonici... per cui devo cantare in modo pressoché "perfetto", poiché (a differenza di una voce pastosa  con un bel vibrato) ogni minima sbavatura si avverte subito e risulta fastidiosa per chi mi ascolta.
Quello che, a mio parere, devo trovare, è l'uniformità timbrica in tutta la gamma dei suoni: insomma dei binari lungo i quali la mia emissione deve viaggiare, per non avere "sorprese" o incognite sugli acuti... Ma quali sono questi binari? E come mi accorgo se ho trovato quelli giusti? Mi accorgo che posso emettere i suoni in più modi diversi senza stancarmi , e non so quale sia "il mio"...
Credo che adesso anche la mia insegnante, per quanto sia brava e io la stimi per tutto il lavoro che ha fatto con me,  brancoli un po' nel buio, perchè spesso capita che da una lezione all'altra mi dia indicazioni diverse...
È per questo che mi sono rivolta a te con questo interminabile sproloquio, sperando tu sia riuscita, attraverso le mie parole, a farti un'idea di quale sia il mio problema e, spero, la via per risolverlo. Mi scuso ancora per la lunghezza della mail e aspetto con speranza una tua risposta.
Un caro saluto.
Susy


Carissima Susy,
grazie per la fiducia che riponi in me.
Mi spiace davvero che tu abbia sofferto: se ti può "consolare" ti dico che studiare canto porta con sè una parte inevitabile di sofferenza  intrinseca : cantare rende felici, ma anche tristi e angosciati.
Non è giusto attribuire tutte le responsabilità agli insegnanti: l'insegnante è un punto di riferimento insostituibile (almeno per un po'),
ma la forza e l'energia e soprattutto la capacità di sopportare alti e bassi (inevitabili) senza scoraggiarti la devi trovare in te.
Non vado oltre, è un tema di vasta portata.

Torniamo al dunque.
Prima di tutto rovescerei la visione della cosa: il riuscire a fare gli stessi suoni in più maniere senza stancarti in maniera è senz'altro da considerarsi una ricchezza, piuttosto che un limite: puoi scegliere!
Vuol dire che hai imparato diverse modalità di emissione del suono, e questo è utile quando si canta.
Sai benissimo, ad esempio, che una cosa è tenere un acuto, altro è "toccarlo" di passaggio, altro è cantarlo staccato o picchettato, altro è cantarlo piano o forte.
Bisogna essere capaci di raccogliere il suono e tenerlo "piccolo" nelle agilità e negli staccati, mentre in una frase melodica a canto spiegato si può "allargare" (poco, per carità!)  e appoggiare (e sostenere) di più per dare corpo e pastosità alla voce.
Una cosa è cantare un acuto inserito in una frase che lo prepara gradualmente, altro è cantare un acuto come prima nota di una frase.

Dalla tua capacità di produrre suoni di vario "tipo" probabilmente dipende la diversità delle indicazioni che ti dà la tua insegnante. E' successo anche a me: se fai un suono troppo alto di posizione, stretto, puntuto, ti dirà che devi trovare ampiezza e cavità; se fai un suono affondato e largo ti chiederà di raccoglierlo.
E' normale.

Vengo al punto cruciale, anzi sono due.
1. Per quanto sia possibile cantare in modo differente sullo stesso suono, questo non vuol dire che tutti i suoni siano giusti tecnicamente: alcuni lo sono, altri no.
La differenza è data dalle circostanze vocali e musicali in cui ti trovi in quel momento. Ma la tecnica deve essere sempre corretta: questa è la chiave per l'uniformità timbrica di cui parli.
Il suono prima di tutto deve essere funzionale e rispondere a dei parametri che tu per prima devi valutare.
Non in termini "mi piace/non mi piace" è "bello/brutto", quanto in quelli: mi costa fatica/non mi costa fatica , è comodo/scomodo, mi sento bene/provo disagio; questo lo sai solo tu,  ed  è il primo segnale da  seguire per   trovare la giusta via.
2. Cosa vuol dire timbro "metallico, tendenzialmente puro, con poco vibrato e pochi armonici?" Che i suoni sono un po' fissi?
Non è possibile e ammissibile che studiando canto lirico da 6 anni e mezzo la tua voce non abbia acquisito vibrato e armonici,
dacchè lo studio del canto lirico è fondamentalmente la ricerca della risonanza, dell'eco, degli armonici. C'è qualcosa che non mi torna.
Oppure insegui un modello di suono che non ti appartiene? Questo è un errore molto comune che crea notevoli problemi e spesso anche danni.
Non esiste un suono ideale. Ognuno ha la propria voce, e piuttosto che costringerla in maniera artificiosa  a diventare come non è per sua natura, si dovrebbe orientare tutto lo studio verso l'esaltazione delle sue componenti naturali, quali che siano. E in questo, sinceramente, spesso gli insegnanti hanno molte responsabilità!
Solo così si è felici quando si canta: quando ami e rispetti la tua voce e le offri una strada comoda e accogliente, senza pre-concetti e modelli prestabiliti.
Liberati dai giudizi altrui, ascolta i segnali del tuo corpo e del tuo intimo senza paure, guardati intorno,  fatti ascoltare da altri, partecipa a corsi masterclass anche brevi, leggi, studia la fisiologia vocale,   ascolta i grandi cantanti:
dopo tanti anni la strada la devi trovare da te.

Non mollare!
Giulia
 
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